IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 2460 del 2015, proposto da Soc. Lottomatica Videolot Rete S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. Alessandro Botto, Filippo Pacciani, Valeria Viti, Raffaella Zagaria, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Associato Legance in Roma, Via di San Nicola Da Tolentino, 67; Contro Agenzia delle dogane e dei monopoli, Ministero dell'economia e delle finanze, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; Nei confronti di Soc Las Vegas By Playpark Cbc Srl, Soc G Matica Srl; e con l'intervento di ad opponendum: Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv. Carlo Rienzi, Gino Giuliano, con domicilio eletto presso Ufficio legale nazionale Codacons in Roma, Viale Mazzini, 73; per l'annullamento, la disapplicazione e la declaratoria di illegittimita' costituzionale ed europea, previa rimessione alla Corte costituzionale e alla Corte di giustizia: del decreto dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli prot. n. 4076/RU del 15 gennaio 2015, con il quale, in attuazione dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, nel modificare la vigente concessione, e' stato stabilito che la societa' ricorrente debba versare, per l'anno 2015, l'importo di euro 96.539.243,48, suddiviso in due rate, di cui una, pari al 40% entro il 30 aprile 2015 ed una, pari al 60% entro il 31 ottobre 2015; dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190/2014 (Legge di stabilita'); Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, del Ministero dell'economia e delle finanze e della Presidenza del Consiglio dei ministri; Visto l'atto di intervento ad opponendum del Codacons; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2015 il consigliere Elena Stanizzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Premette in fatto la societa' odierna ricorrente di essere affidataria dal 2013, in esito ad apposita gara pubblica, della concessione per l'attivazione e la conduzione operativa della rete per la gestione telematica del gioco lecito mediante apparecchi da divertimento e intrattenimento e di aver investito, per lo svolgimento di tale attivita', circa 500 milioni di euro. Rappresenta parte ricorrente che con l'art. 1, comma 649, della legge di stabilita' di cui alla legge n. 190 del 2014, e' stata introdotta una significativa riduzione dei compensi dei concessionari, stabilendosi, in particolare, che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, «A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: a) ai concessionari e' versato dagli operatori di filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate. I concessionari comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non effettuano tale versamento, anche ai fini dell'eventuale successiva denuncia all'autorita' giudiziaria competente; b) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base delle convenzioni di concessione, versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, adottato entro il 15 gennaio 2015, previa ricognizione, sono stabiliti il numero degli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, riferibili a ciascun concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento. Con analogo provvedimento si provvede, a decorrere dall'anno 2016, previa periodica ricognizione, all'eventuale modificazione del predetto numero di apparecchi; c) i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati.». In attuazione di tale norma, e' stato adottato il gravato decreto dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli datato 15 gennaio 2015, con il quale e' stato determinato il numero degli apparecchi riferibili a ciascuno dei concessionari ripartendo tra gli stessi, su tale base e in maniera proporzionale, il versamento annuale dell'importo di 500 milioni di euro da effettuarsi nella misura del 40% entro il 30 aprile 2015 ed il residuo 60% entro il 31 ottobre, determinando in € 96.539.243,48 l'importo dovuto dalla ricorrente a fronte della ricognizione degli apparecchi alla stessa riferibili. Si sofferma parte ricorrente sull'illustrazione della disciplina normativa di riferimento, come modificatasi nel tempo, nonche' dell'assetto dei rapporti intercorrenti tra l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, i concessionari e gli operatori di filiera, come regolati dallo schema di convenzione di concessione, precisando come il compenso a favore dei gestori e degli esercenti sia stabilito sulla base di accordi contrattuali tra questi ultimi e i concessionari - che ricevono dai gestori e dagli esercenti l'importo residuo, ovvero l'importo risultante dalla differenza tra la raccolta di gioco tramite apparecchi, le vincite erogate sugli apparecchi e le vincite pagate in sala, e il compenso contrattualmente spettante all'incaricato del versamento - mentre il concessionario percepisce un compenso omnicomprensivo, determinato sulla base della raccolta del gioco al netto di quanto dovuto all'Agenzia (a titolo di canone di concessione e di deposito cauzionale), all'erario (a titolo di imposte, tra cui il PREU), agli utenti (le vincite), ai soggetti contrattualizzati per la raccolta dell'importo residuo. Precisa, quindi, parte ricorrente come sulla base di tale assetto dei rapporti abbia ponderato la propria offerta, facendosi carico di ingenti investimenti e finalizzando la propria attivita' al perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario. Tale assetto e' stato profondamente inciso, sostiene parte ricorrente, per effetto dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, che modifica con effetti retroattivi un rapporto di durata consolidatosi sulla base di scelte imprenditoriali compiute sotto la previgente normativa. Avverso il decreto impugnato, nonche' avverso la disciplina normativa di cui lo stesso costituisce attuazione, deduce parte ricorrente i seguenti motivi di censura: I - Illegittimita' derivata del decreto dalla illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649 della legge 23 dicembre 2014 n. 190 per violazione degli articoli 3, 41, 42 e 97 della Costituzione. Sostiene parte ricorrente l'incostituzionalita' della norma posta a fondamento del decreto impugnato in quanto, nell'incidere in misura ablativa, con efficacia retroattiva, su rapporti di durata, non risulta rispettosa dei limiti imposti all'esercizio dell'attivita' legislativa, non potendo mere esigenze di risparmio e di bilancio pubblico integrare quelle esigenze straordinarie che sole possono giustificare la modifica in senso sfavorevole della disciplina dei rapporti di durata, e non rivestendo la contestata misura carattere temporaneo e circoscritto. Nel ricordare, inoltre, parte ricorrente, che l'intervento normativo va ad incidere su diritti soggettivi perfetti scaturenti da atti convenzionali, sulla cui base sono stati calibrati gli investimenti, nel modificarli autoritativamente integrerebbe una violazione della liberta' di iniziativa economica e dei principi di tutela dell'affidamento e di certezza giuridica. Mancherebbe, inoltre, sostiene parte ricorrente, la previsione di meccanismi di riequilibrio o di compensazione del sacrificio imposto - limitandosi la norma a prevedere una generica rinegoziazione dei contratti con gli operatori di filiera - con conseguente irragionevolezza della nuova disciplina. Lamenta ancora parte ricorrente la mancata previsione di un regime transitorio e di un termine ragionevole per l'adeguamento al mutato assetto normativo che introduce nuovi obblighi fortemente incisivi su posizioni giuridiche consolidate, violando il patto di fiducia tra Stato e cittadini. II - Ulteriore illegittimita' del decreto derivata dalla illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre 2014 n. 190 per violazione degli articoli 3, 41, 42 e 97 della Costituzione. Lamenta parte ricorrente come la contestata norma - nell'imporre al concessionario di riscuotere tutte le somme dagli operatori di filiera per poi procedere alla corresponsione del compenso a questi ultimi dovuto solo a seguito della rinegoziazione dei contratti - implichi una illegittima ingerenza dello Stato nell'autonomia contrattuale, facendo ricadere sul concessionario pesanti obblighi contabili nonche' le difficolta' connesse alla rinegoziazione. Sotto altro profilo, denuncia parte ricorrente l'illogicita' di parametrare il versamento imposto ai concessionari al numero di apparecchi agli stessi riferibili al 31 dicembre 2014, trattandosi di dato suscettibile di variazioni. III - Illegittimita' derivata del decreto per illegittimita' dell'art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre 2014 n. 190 quale «legge provvedimento». Violazione degli articoli 3, 41, 42 e 97 della Costituzione. Tenuto conto del contenuto della disposizione di cui all'art. 1, comma 649, della legge 23 dicembre 2014 n. 190, la stessa sarebbe, sostiene parte ricorrente, annoverabile tra le leggi provvedimento, e come tale, non risponderebbe ai requisiti di ragionevolezza e non arbitrarieta' che consentono di ritenerne la legittimita' costituzionale. IV - Illegittimita' derivata del decreto per illegittimita' della norma per violazione dell'art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Violazione dell'art. 117 della Costituzione, violazione del principio del legittimo affidamento di rilevanza europea e violazione dei diritti quesiti. Eccesso di potere per irragionevolezza ed evidente sproporzione degli oneri gravanti sul concessionario. Denuncia parte ricorrente la violazione, per effetto della contestata norma, del principio del legittimo affidamento alla conservazione dei diritti contrattuali acquisiti, con conseguente affermata necessita' della sua disapplicazione o rimessione della questione alla Corte di giustizia o alla Corte costituzionale. V - Illegittimita' autonoma del decreto per violazione dell'art. 3 della concessione e violazione dell'art. 17, comma 25, della legge n. 127 del 1995. Violazione del giusto procedimento. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Il gravato decreto si porrebbe in contrasto con le previsioni contenute nella convenzione di concessione in precedenza sottoscritta, ai sensi della quale le variazioni e le integrazioni della convenzione devono essere recepite in un apposito atto aggiuntivo, da sottoporre al parere preventivo del Consiglio di Stato. Nell'indicare, inoltre, parte ricorrente gli aspetti della convenzione che vengono incisi dal decreto senza che si provveda alla loro sostituzione, evidenzia come gli effetti ricadrebbero interamente sui concessionari, senza che vi sia alcun criterio in ordine alle modalita' di ripartizione del sacrificio imposto, tenuto conto dell'assenza di potere esattivo in capo ai concessionari. VI - Illegittimita' autonoma del decreto per violazione e falsa applicazione degli articoli 30 e 143 del decreto legislativo n. 163 del 2006. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e, in particolare, per illogicita' e irragionevolezza. Eccesso di potere per irragionevolezza manifesta e violazione del principio di autonomia contrattuale. Si riporta parte ricorrente al diritto dei concessionari di servizi di garantire l'operativita' della gestione attraverso un piano economico finanziario che assicuri la remunerazione degli investimenti - di cui all'art. 30 del decreto legislativo n. 163 del 2006 - laddove il contestato intervento modifica i parametri sulla cui base vi e' stata l'assunzione del rischio di gestione della concessione, tenuto conto dell'aleatorieta' della prevista rinegoziazione dei contratti con gli operatori di filiera e la conseguente necessita' per i concessionari di anticipare tutta la somma. Chiede, quindi, parte ricorrente, l'annullamento dei provvedimenti impugnati previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, ovvero rimessione alla Corte di giustizia della questione interpretativa circa il vaglio di conformita' al diritto dell'Unione delle disposizioni contestate. Si sono costituite in resistenza le intimate Amministrazioni contestando, con analitica memoria, la fondatezza delle argomentazioni prospettate concludendo per il rigetto del ricorso. Il Codacons, dopo avere ampiamente dedotto sulla propria legittimazione, e' intervenuto ad opponendum. L'istanza cautelare incidentalmente proposta da parte ricorrente e' stata respinta con ordinanza di questa Sezione 2 aprile 2015 n. 1464 per le seguenti ragioni: «Considerato che - nel contemperamento dei contrapposti interessi - le esigenze cautelari addotte dalla societa' ricorrente non giustificano la concessione della richiesta tutela cautelare in quanto: A) l'importo del versamento da effettuare, da parte dell'intera filiera del gioco legale, alla data del 30 aprile 2015, ammonta a 200 mln di euro; B) non appare compiutamente dimostrato che, ottemperando tutti i soggetti della filiera a quanto disposto dal provvedimento impugnato e dall'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014, sussista un pregiudizio irreparabile nelle more della decisione del merito del ricorso, per la quale - tenuto conto della rilevanza degli interessi dell'Erario e di tutti gli operatori della filiera del gioco legale - si ritiene di fissare la pubblica udienza del 1° luglio 2015». Con successiva ordinanza 30 luglio 2015, n. 104790, questa Sezione ha cosi' disposto: «Visto che l'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' 2015), a fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23, ha stabilito in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto n. 773 del 1931; Visto che, ai sensi dell'art. 1, comma 649, lettera c), della legge n. 190 del 2014, i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati; Visto che l'impugnato decreto dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli del 15 gennaio 2015, ha determinato, ai fini della ripartizione del versamento del detto importo di 500 milioni di euro, il numero degli apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, lettere a) e b), del regio decreto n. 773 del 1931, e successive modificazioni, riferibili a ciascuno concessionario alla data del 31 dicembre 2014, provvedendo a ripartire il versamento annuale in maniera proporzionale al numero di apparecchi riferibili a ciascun concessionario; Rilevato che la citata norma introdotta dalla legge di stabilita' 2015 e' destinata ad incidere sui margini di redditivita' derivanti dallo svolgimento delle attivita' affidate ai concessionari con le convenzioni di concessione stipulate con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli; Rilevato che l'Avvocatura Generale dello Stato, nella propria memoria difensiva, ha rappresentato che, nel 2013, le somme disponibili per compensi alla filiera di gioco mediante apparecchi da divertimento ed intrattenimento, compresi i concessionari, sono risultate di poco inferiore ai 5 miliardi di euro, attestandosi attorno al 10% della raccolta (47,8 miliardi di euro), mentre, nel 2014, le somme restituite alla filiera si sono incrementate, attestandosi a circa 6 miliardi di euro, pari al 12% della raccolta, per cui la riduzione di tali somme, individuate dalla legge di stabilita' 2015 in 500 milioni di euro, avrebbe una portata equivalente all'1,06% della raccolta di gioco ed all'8,3% dei compensi della filiera; Rilevato che quanto rappresentato dall'Avvocatura dello Stato sembra misurare l'incidenza dell'intervento legislativo sui ricavi netti delle vendite e delle prestazioni dei soggetti della filiera, vale a dire sulla differenza tra le poste di gioco e le vincite pagate, nonche' le imposte ed altri oneri dovuti allo Stato; Ritenuto necessario, ai fini del decidere, individuare il livello di incidenza dell'intervento legislativo anche sugli altri margini di redditivita' dell'impresa; Ritenuto necessario, di conseguenza, disporre che il concessionario ricorrente depositi in giudizio: copia del conto economico relativo al bilancio al 31 dicembre 2013 e copia del conto economico relativo al bilancio al 31 dicembre 2014, ove approvato dall'Assemblea ordinaria, accompagnato da una tabella riassuntiva, per ciascuno dei due anni, del valore aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione al netto del costo delle materie prime consumate e del costo dei servizi esterni e di altri eventuali costi di gestione), del margine operativo lordo (intendendosi per tale il valore aggiunto al netto del costo del lavoro) e del risultato operativo (intendendosi per tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti e degli accantonamenti della gestione tipica); una tabella riassuntiva dei compensi complessivamente riconosciuti negli anni 2013 e 2014 agli altri operatori della propria filiera, con espressa indicazione circa l'appostazione degli stessi nel conto economico tra i costi della produzione e, in particolare, tra i costi per servizi o in altra voce; Ritenuto altresi' di disporre che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli depositi in giudizio una dettagliata relazione, per quanto di propria conoscenza, in ordine all'aggregazione dei suddetti dati richiesti al concessionario ricorrente per l'intero settore dei giochi in discorso, nonche' comprensiva di ogni ulteriore eventuale chiarimento sull'incidenza dell'intervento legislativo sui margini di redditivita' delle imprese del settore; Ritenuto che detta documentazione dovra' essere depositata presso la segreteria della Sezione entro il termine di venti giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente ordinanza; Ritenuto di fissare l'udienza pubblica del 21 ottobre 2015 per l'ulteriore trattazione della controversia». La ricorrente e l'amministrazione resistente, per quanto di rispettiva competenza, hanno adempiuto l'incombente istruttorio e, unitamente al Codacons, hanno prodotto altre memorie a sostegno ed illustrazione delle rispettive ragioni. La causa e' stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 21 ottobre 2015. 2. L'Agenzia delle dogane e dei monopoli gestisce l'offerta del gioco lecito tramite apparecchi da divertimento ed intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, del TULPS ed a tal fine seleziona, attraverso procedure ad evidenza pubblica, i soggetti cui affidare in concessione la realizzazione e conduzione della rete per la gestione telematica del gioco. I concessionari, che hanno sottoscritto una convenzione di concessione di durata novennale, sono attualmente tredici. Gli apparecchi da divertimento e intrattenimento sono di due tipi: le Amusement With Prizes (AWP) e le Video Lottery Terminal (VLT). Le AWP sono apparecchi che vengono installati principalmente presso esercizi generalisti primari (come, ad esempio, i bar e le rivendite di tabacchi), denominati «esercenti», ed operano con una posta massima di 1 euro a fronte di una possibile vincita massima di 100 euro. Tali apparecchi, generalmente, sono acquistati o noleggiati da operatori terzi, i cc.dd. «gestori», che si occupano anche dell'installazione e della manutenzione presso gli «esercenti», titolari di esercizi commerciali dotati di specifica autorizzazione ai sensi del TULPS, a loro volta convenzionati con gli stessi gestori o con i concessionari. Nella filiera del comparto delle VLT, invece, e' di solito assente il gestore perche' gli apparecchi sono forniti direttamente dal concessionario, che si prende carico dell'intera gestione operativa degli stessi. La posta di gioco con le VLT e' consentita fino a 100 euro, mentre la vincita conseguibile arriva fino a 5.000 euro. I rapporti tra lo Stato ed i concessionari sono regolati da apposite convenzioni, mentre i rapporti tra concessionari, gestori ed esercenti sono regolati da contratti di diritto privato, che non rispondono a modelli tipo redatti o approvati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Il compenso spettante ai concessionari, come gia' esposto nell'illustrazione dei motivi di impugnativa, e' calcolato in via residuale, in quanto e' pari all'importo delle giocate dedotti: le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); gli importi dovuti agli altri operatori della filiera, gestori ed esercenti, sulla base dei contratti di diritto privato con gli stessi stipulati; gli importi dovuti all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, principalmente a titolo di canone di concessione; gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai sensi dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge n. 266 del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5% delle giocate per gli apparecchi VLT. La remunerazione dei concessionari e dell'intera filiera di gestori ed esercenti che ad essi fa capo, quindi, proviene dall'insieme delle giocate ed e' carico dello Stato in quanto il denaro, una volta inserito nell'apparecchio da gioco, diviene di proprieta' dello Stato. 3. L'art. 14 della legge n. 23 del 2014 ha delegato il Governo ad attuare «il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi, fermo restando il modello organizzativo fondato sul regime concessorio e autorizzatorio, in quanto indispensabile per la tutela della fede, dell'ordine e della sicurezza pubblici, per il contemperamento degli interessi erariali con quelli locali e con quelli generali in materia di salute pubblica, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attivita' criminose, nonche' per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi». Tra i principi e criteri direttivi cui dovra' essere improntato il riordino, la lettera g) del secondo comma prevede la «revisione degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate». L'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' per il 2015), nelle more, ha stabilito che: «A fini di concorso al miglioramento degli obiettivi di finanza pubblica e in anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge 11 marzo 2014, n. 23, e' stabilita in 500 milioni di euro su base annua la riduzione, a decorrere dall'anno 2015, delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2015: ai concessionari e' versato dagli operatori della filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate. I concessionari comunicano all'Agenzia delle dogane e dei monopoli i nominativi degli operatori di filiera che non effettuano tale versamento, anche ai fini dell'eventuale successiva denuncia all'autorita' giudiziaria competente; i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, in aggiunta a quanto versato allo Stato ordinariamente, a titolo di imposte ed altri oneri dovuti a legislazione vigente e sulla base elle convenzioni di concessione, versano altresi' annualmente la somma di 500 milioni di euro, entro i mesi di aprile e di ottobre di ogni anno, ciascuno in quota proporzionale al numero di apparecchi ad essi riferibili alla data del 31 dicembre 2014. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, adottato entro il 15 gennaio 2015, previa ricognizione, sono stabiliti il numero degli apparecchi ... riferibili a ciascun concessionario, nonche' le modalita' di effettuazione del versamento. Con analogo provvedimento si provvede, a decorrere dall'anno 2016, previa periodica ricognizione, all'eventuale modificazione del predetto numero di apparecchi; i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati». L'Agenzia delle dogane e dei monopoli, con l'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015, ai fini della ripartizione del versamento dell'anzidetto importo di 500 milioni di euro, ha individuato il numero degli apparecchi riferibile a ciascun concessionario alla data del 31 dicembre 2014, per cui ha ripartito in maniera proporzionale il versamento a carico di ciascun concessionario (alla Societa' ricorrente, per un totale di 79.965 apparecchi riferibili, e' stato imposta una quota annuale di versamento di euro 96.539.243,48), stabilendo che ciascun concessionario effettua il versamento nella misura del 40% entro il 30 aprile 2015 e per il residuo 60% entro il 31 ottobre 2015. Ne consegue che, in ragione del disposto della norma di legge la cui legittimita' costituzionale e' in questa sede contestata, il compenso spettante ai concessionari e' ora calcolato in via residua sottraendo al totale delle somme raccolte non soltanto quanto in precedenza esposto, vale a dire: le vincite pagate ai giocatori (che non possono essere inferiori al 74% degli importi giocati per le AWP e all'85% per le VLT); gli importi dovuti agli altri operatori della filiera, gestori ed esercenti, sulla base dei contratti di diritto privato con gli stessi stipulati; gli importi dovuti all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, principalmente a titolo di canone di concessione; gli importi dovuti all'Erario, principalmente il PREU ai sensi dell'art. 39, comma 13, decreto-legge n. 269 del 2013, convertito con legge n. 326 del 2013, e dell'art. 1, comma 531, della legge n. 266 del 2005, attualmente pari al 13% delle giocate per gli apparecchi AWP ed al 5% per gli apparecchi VLT; ma anche: il versamento dovuto allo Stato ai sensi dell'art. 1, comma 649, lettera b), della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilita' per il 2015). 4. Il Collegio ritiene che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014. 4.1 La questione si presenta all'evidenza rilevante ai fini della decisione della controversia in quanto l'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015 e' stato adottato nell'esercizio di un potere del tutto vincolato e, in particolare, nella doverosa applicazione della richiamata norma di legge, sicche' la definizione del presente giudizio discende inevitabilmente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. 4.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della decisione della controversia, non e' manifestamente infondata alla luce degli insegnamenti della Corte costituzionale in subiecta materia. La Corte costituzionale, con sentenza n. 92 del 22 maggio 2013, ha giudicato costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di ragionevolezza, l'art. 38, commi 2, 4, 6 e 10 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003 nella parte in cui determina effetti retroattivi in peius sul regime dei compensi spettanti ai custodi di veicoli sottoposti a sequestro, fermo amministrativo e confisca. In tale circostanza, il Giudice delle leggi ha rappresentato che la ragionevolezza complessiva della trasformazione alla quale sono stati assoggettati i rapporti negoziali deve «essere apprezzata nel quadro di un altrettanto ragionevole contemperamento degli interessi - tutti di rango costituzionale, comunque ancorabili al parametro di cui all'art. 3 Cost. - che risultano nella specie coinvolti; ad evitare che una generalizzata esigenza di contenimento della finanza pubblica possa risultare, sempre e comunque, e quasi pregiudizialmente, legittimata a determinare la compromissione di diritti maturati o la lesione di consolidate sfere di interessi, sia individuali, sia anche collettivi». La Corte, nella successiva sentenza n. 56 del 2015, ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 79, della legge n. 220 del 2010, in riferimento agli articoli 3, 41, comma primo, e 42, terzo comma, Cost.; tali norme prevedono l'aggiornamento dello schema tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l'esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, in modo che i concessionari siano dotati dei nuovi «requisiti» e accettino i nuovi «obblighi» prescritti, rispettivamente, nelle lettere a) e b) del comma 78, e che i contenuti delle convenzioni in essere siano adeguati agli «obblighi» di cui sopra. La legge n. 220 del 2010 (legge di stabilita' per il 2011), in particolare, ha introdotto le norme oggetto di censura a garanzia di plurimi interessi pubblici, quali la trasparenza, la pubblica fede, l'ordine pubblico e la sicurezza, la salute dei giocatori, la protezione dei minori e delle fasce di giocatori adulti piu' deboli, la protezione degli interessi erariali relativamente ai proventi pubblici derivanti dalla raccolta del gioco; con esse, sia i nuovi concessionari, sia i titolari delle concessioni in corso sono assoggettati a nuovi «obblighi», in prevalenza di natura gestionale, diretti al mantenimento di indici di solidita' patrimoniale per tutta la durata del rapporto ed a questi si affiancano «obblighi» che concorrono alla protezione dei consumatori e alla riduzione dei rischi connessi al gioco o che introducono clausole penali e meccanismi diretti a rendere effettive le cause di decadenza della concessione. Sono infine previsti «obblighi» di prosecuzione interinale dell'attivita' e di cessione non onerosa o di devoluzione all'amministrazione concedente, su sua richiesta, della rete infrastrutturale di gestione e raccolta del gioco dopo la scadenza del rapporto. Nel caso richiamato, si e' posto in rilievo che «il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica trova si' copertura costituzionale nell'art. 3 Cost., ma non gia' in termini assoluti ed inderogabili. Per un verso, infatti, la posizione giuridica che da' luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un determinato assetto regolatorio deve risultare adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per un periodo sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico sostanziale atto a far sorgere nel destinatario una ragionevole fiducia nel suo mantenimento. Per altro verso, interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l'unico limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico». Ne consegue che «non e' affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, unica condizione essendo che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto». Nella fattispecie in esame, gli interessi pubblici tutelati sono individuabili nella necessita', a fronte della profonda e perdurante crisi finanziaria che ha progressivamente colpito anche lo Stato italiano, di un maggiore concorso agli obiettivi di finanza pubblica da parte della filiera che opera nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, Testo unico n. 773 del 1931. Al fine di valutare il superamento o meno del limite della proporzionalita' rispetto agli obiettivi di interesse pubblico, la Sezione, con ordinanza del 30 luglio 2015, ha disposto incombenti istruttori a carico delle parti per individuare, in linea di massima, in che misura la riduzione del compenso di 500 milioni a carico dell'intera filiera incida sui margini di redditivita' della singola impresa. La Societa' ricorrente ha depositato copia dei bilanci al 31 dicembre 2013 e al 31 dicembre 2014, il Prospetto del valore aggiunto, del margine operativo lordo e del risultato operativo relativi agli esercizi chiusi al 31 dicembre 2013 e al 31 dicembre 2014 nonche' il Prospetto dei compensi riconosciuti negli anni 2013 e 2014 agli altri operatori della propria filiera. In tale documentazione vengono quindi riportati i dati relativi al valore aggiunto (intendendosi per tale il valore della produzione al netto del costo delle materie prime consumate e del costo dei servizi esterni e di altri eventuali costi di gestione), al margine operativo lordo (intendendosi per tale il valore aggiunto al netto del costo del lavoro) ed al risultato operativo (intendendosi per tale il margine operativo lordo al netto degli ammortamenti e degli accantonamenti della gestione tipica) Da tale documentazione, e' emerso che: con riferimento al 31 dicembre 2013, a fronte di un valore della produzione di euro 558.576.782, il valore aggiunto e' stato pari a euro 181.130.872, il margine operativo lordo e' stato pari a euro 170.614.895 ed il risultato operativo e' stato pari a euro 114.732.571; il totale dei compensi riconosciuti agli operatori di filiera e' stato pari ad euro 613.322.970; con riferimento al 31 dicembre 2014, a fronte di un valore della produzione di euro 540.298.269, il valore aggiunto e' stato pari a euro 190.476.952, il margine operativo lordo e' stato pari ad euro 180.696.769 ed il risultato operativo e' stato pari a euro 120.481.454; il totale dei compensi riconosciuti agli operatori di filiera e' stato pari ad euro 624.967.011. Il versamento imposto, pertanto, e' destinato ad incidere sui proventi dell'intera filiera facente capo al concessionario nella misura approssimativa del 12% considerando il margine operativo lordo con riferimento ai risultati economici del 2013. Quanto ai risultati economici del 2014 l'incidenza si attesta sull'11,96%. L'incidenza della riduzione dei compensi, infatti, e' determinata dal rapporto tra l'importo di tale riduzione e la somma tra il margine operativo lordo e il totale dei compensi riconosciuti dal concessionario agli operatori della propria filiera. Tale incidenza non appare ictu oculi violativa del principio di proporzionalita', vale a dire del «limite della proporzionalita' dell'incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico», indicato dalla richiamata sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2015. Il Collegio, tuttavia, ritiene che la norma di cui all'art. 1, comma 649, della legge di stabilita' per il 2015 presenti altri profili che rendono la questione di legittimita' costituzionale non manifestamente infondata in relazione agli articoli 3 e 41, comma 1, Cost. Viene qui in rilievo il canone di ragionevolezza, assurto nella giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite immanente all'esercizio della discrezionalita' del legislatore. Tale giudizio di ragionevolezza, per lungo tempo caratterizzato dalla necessaria individuazione di un termine di raffronto (tertium comparationis) soltanto a fronte del quale la normativa denunciata puo' rivelarsi incostituzionale (schema di giudizio ternario), si e' via via affrancato dal giudizio di comparazione ed e' divenuto un canone autonomo. L'autonomia della ragionevolezza rispetto al giudizio di eguaglianza appare con tutta evidenza laddove l'art. 3 Cost. viene evocato congiuntamente sotto il profilo della disparita' di trattamento e sotto il profilo della ragionevolezza, e la Corte argomenta distintamente per ciascuno dei due profili. Il Collegio ritiene che la norma contestata presenti dubbi di compatibilita' costituzionale con riferimento sia al profilo della disparita' di trattamento sia al profilo della ragionevolezza. Con riguardo alla ragionevolezza, va in primo luogo considerato che l'intervento legislativo e' avvenuto in dichiarata anticipazione del piu' organico riordino della misura degli aggi e dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera nell'ambito delle reti di raccolta del gioco per conto dello Stato, in attuazione dell'art. 14, comma 2, lettera g), della legge n. 23 del 2014. Sennonche', mentre il criterio per il riordino previsto dall'art. 14, comma 2, lettera g), della legge n. 23 del 2014 prevede la revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori «secondo un criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate», la norma in contestazione ha previsto la riduzione dei compensi in «quota proporzionale» al numero di apparecchi riferibili ai concessionari alla data del 31 dicembre 2014. Ne consegue che, sebbene sia stato fatto specifico riferimento alla norma che prevede il criterio di riduzione degli aggi e compensi secondo un «criterio di progressivita' legata ai volumi di raccolta delle giocate», il criterio introdotto per ripartire tra i concessionari l'importo totale di euro 500 milioni e' legato non ad un dato di flusso, quale i volumi di raccolta delle giocate, ma ad un dato fisso, quale il numero di apparecchi esistenti e riferibili a ciascun concessionario al 31 dicembre 2014 o in sede di ricognizione successiva. Tale contraddizione, ad avviso del Collegio, e' di per se' idonea ad indurre il sospetto che la norma di cui all'art. 1, comma 649, della legge di stabilita' per il 2015 abbia violato sia il principio di ragionevolezza che quello di uguaglianza. Premessa, infatti, la contraddittorieta' intrinseca della disposizione che afferma di attuare una norma e poi in concreto se ne discosta, appare illogico il riferimento ad un dato statico (sia pure soggetto ad aggiornamento), cioe' il numero di apparecchi riferibile a ciascun concessionario ad una certa data, anziche' ad un dato dinamico, il volume di raccolta delle giocate, in quanto la capacita' di reddito di ogni singolo concessionario e della relativa filiera e' misurata in maniera molto piu' propria dall'entita' complessiva degli importi incassati che dal numero degli apparecchi riferibile a ciascun soggetto. Il criterio individuato, in altri termini, postula che ogni apparecchio effettui uno stesso volume di giocate, il che appare del tutto non plausibile. Analogamente, il criterio individuato dalla norma sembra violare il principio di uguaglianza in quanto, essendo il riferimento al numero di apparecchi riconducibile a ciascun concessionario non compiutamente indicativo dei margini di reddito conseguiti dallo stesso, la ripartizione della riduzione dei compensi potrebbe andare a beneficio degli operatori i cui apparecchi registrano mediamente un maggior volume di giocate ed a detrimento degli operatori i cui apparecchi, invece, registrano mediamente un minor volume di giocate. La previsione normativa, in sostanza, sembra avere violato i canoni di ragionevolezza e parita' di trattamento presumendo, in maniera illogica, che ciascun apparecchio da intrattenimento abbia la stessa potenzialita' di reddito laddove quest'ultima dipende da una molteplicita' di fattori (quali, in primo luogo, la differenza tra AWP e VLT e, poi, ad esempio, il comune, il quartiere, la strada in cui l'apparecchio e' situato nonche' la sua ubicazione all'interno del locale) che rendono non plausibile il criterio scelto dal legislatore. La violazione del principio di ragionevolezza e di uguaglianza, peraltro, e' individuabile anche con riferimento al fatto che, mentre la legge delega n. 23 del 2014, ha previsto il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici e, quindi, del loro intero sistema, la norma in contestazione incide solo sui giochi praticati mediante apparecchi di cui all'art. 110, comma 6, Testo unico n. 773 del 1931 e, per l'effetto, e' destinata solo ad un segmento, sia pure di enorme rilievo, al suo interno. Va da se' che la descritta irragionevole ripartizione del versamento imposto tra i concessionari potrebbe produrre un'alterazione del libero gioco della concorrenza tra gli stessi, favorendo quelli che, in presenza di una redditivita' superiore per singolo apparecchio, si trovano a versare, in proporzione al volume di giocate raccolte, un importo minore, per cui possono destinare maggiori risorse agli investimenti e, in senso piu' lato, favorendo gli operatori del settore dei giochi pubblici diversi da quelli in discorso. La questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 non appare manifestamente infondata anche con riferimento alla violazione dell'art. 41 Cost. che sancisce il principio di liberta' dell'iniziativa economica privata. Il Collegio, in via preliminare, rileva che, qualora si tratti di soggetti privati che, nell'intraprendere attivita' d'impresa, sostengono consistenti investimenti, la legittima aspettativa ad una certa stabilita' nel tempo del rapporto concessorio gode di una particolare tutela costituzionale, riconducibile non solo all'art. 3 Cost., ma anche all'art. 41 Cost. In particolare, il legittimo affidamento dell'imprenditore implica l'aspettativa che le sopravvenienze normative non finiscano per vanificare l'iniziativa economica intrapresa e gli investimenti sostenuti, atteso che, se l'imprenditore evidentemente deve assumere su di se' i rischi d'impresa derivanti da mutamenti della situazione di fatto, non puo' dirsi allo stesso modo per le sopravvenienze normative che incidono sulle condizioni economiche stabilite nella convenzione accessiva al rapporto concessorio. Nel caso di specie, se, da un lato, il versamento imposto non appare prima facie violativo del richiamato «principio di proporzionalita'» scolpito nella sentenza della Corte costituzionale n. 56 del 2015, dall'altro, la determinazione in misura fissa e non variabile del contributo imposto, in quanto destinato ad operare a tempo indeterminato, potrebbe potenzialmente produrre un peso insostenibile per gli operatori della filiera ove i margini di redittivita' della stessa dovessero consistentemente ridursi. In altri termini, se con riferimento ai dati del conto economico 2014, il versamento imposto alla ricorrente, pur costituendo un significativo «taglio» alla sua capacita' di reddito, non appare tale da violare il «principio di proporzionalita'» in un'ottica di bilanciamento tra interessi costituzionalmente rilevanti, non e' possibile escludere che, ove i volumi delle giocate raccolte dovessero drasticamente contrarsi, la determinazione del versamento in misura fissa e non variabile, come funzione del volume delle giocate, potrebbe determinare un reale stravolgimento delle condizioni economiche pattuite in convenzione con conseguente eccessiva gravosita' degli obblighi imposti per i concessionari ed i relativi operatori di filiera. Parimenti irragionevole e lesiva della liberta' di iniziativa economica dell'impresa si rilevano le previsioni, contenute nelle lettere a) e c) del secondo comma dell'art. 1, comma 649 della legge di stabilita' per il 2015, secondo cui «ai concessionari e' versato dagli operatori di filiera l'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi, al netto delle vincite pagate» e «i concessionari, nell'esercizio delle funzioni pubbliche loro attribuite, ripartiscono con gli altri operatori di filiera le somme residue, disponibili per aggi e compensi, rinegoziando i relativi contratti e versando gli aggi e compensi dovuti esclusivamente a fronte della sottoscrizione dei contratti rinegoziati». Tali disposizioni appaiono idonee a riflettersi sulla liberta' contrattuale dei concessionari. Per un verso, infatti, l'obbligo per gli operatori di filiera di versare l'intero ammontare della raccolta del gioco ai concessionari incide autoritativamente sui rapporti negoziali di diritto privato intrattenuti tra i detti soggetti esponendo i concessionari al rischio, non prevedibile ab origine, del mancato adempimento dell'obbligo degli operatori di filiera: mancato adempimento che non farebbe comunque venire meno l'obbligo del concessionario di versare allo Stato, nei termini indicati, l'importo, concernente l'intera filiera, quantificato nell'impugnato decreto direttoriale del 15 gennaio 2015. Per altro verso, l'imposizione di una rinegoziazione dei contratti appare ontologicamente incompatibile con la non comprimibile autonomia delle parti di pervenire solo eventualmente ad un nuovo e diverso accordo negoziale, laddove e' verosimile ritenere che per realizzare lo stesso obiettivo sarebbe stato sufficiente stabilire una riduzione «pro quota» ed «a cascata» dei compensi spettanti a tutti gli operatori di filiera senza imporre una rinegoziazione in via autoritativa. 5. Per tutte le ragioni sopraesposte, il Collegio ritiene rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 649, della legge n. 190 del 2014 per violazione degli articoli 3 e 41, primo comma, Cost., sicche' deve essere disposta la remissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87.